Biografia

Architetto, si laurea nel 1995 al ritorno dopo una lunga esperienza americana. Negli anni novanta, alla ricerca delle motivazioni che stanno alla base del costruire contemporaneo, inizia un lungo pellegrinaggio americano che lo porta da Taliesin West, ad Arcosanti e l’architettura frugale di Paolo Soleri, da ciò che rimane di Drop city, l’utopia hippiie costruita con le cupole geodetiche di Fuller, al lavoro di architetti allora dimenticati come Bruce Goff, che già negli anni cinquanta proponeva ai propri clienti l’autocostruzione e li incitava all’utilizzo di materiali da costruzione riciclati. Ritrova nell’opera di Richard Neutra quella visione, poco nota, verso un’architettura per sopravvivere. Trova le Earthships di Reynolds, le costruzioni autosufficienti che nascono dalla terra, e le opere di molti altri uomini, che architetti non erano, e che venivano da uno spazio, da una cultura, interdisciplinare, che negando l’improba e spesso arida realtà della iperspecializzazione,  sentivano l’abitare come una necessità fondamentale del vivere, un esigenza che andava soddisfatta secondo un’etica che riportasse l’uomo, e non solo il profitto, al centro del mondo. Incontra e frequenta John Lautner con cui condivide la sua idea di un’architetto per metà psicologo e per metà tecnico, dove l’architetto diventa strumento tra le esigenze pubbliche e private di un committente ed il mondo tecnico del fare, mantenendo un  giusto equilibrio fra le due parti, togliendosi l’arroganza egopatica dell’architetto alla moda che retitera se stesso riproponendo per uomini diversi la stessa e sola idea dell’abitare cioè quella che lui vende meglio. Frequentando lo studio dell’architetto Frank Gehry, all’epoca, all’inizio del suo successo mondiale, ammirato, ne studia l’opera alla ricerca delle radici di quel costruire così anticonvenzionale, conosce così il lavoro dei movimenti artistici della Los Angeles che dagli anni cinquanta in poi richiamarono con le loro prime installazioni artistiche,  realizzate con i materiali recuperati dalle discariche delle industrie aerospaziali,  la costruzione di spazi sensoriali, di ricerca sull’attenzione, e sulla ormai evidente incapacità dell’uomo di sentire, di non essere più in grado di riconoscere suoni, odori, e sapori naturali, perché ormai troppo immerso in uno stile di vita asettico e plastico,dove le persone trascorrono la maggiore parte della loro esistenza, spostandosi da case a forma di scatole a uffici a forma di teche di ferro e vetro, e vivendo in spazi chiusi come quelli di un’auto, dove l’unico contatto con l’esterno è il bocchettone dell’aria condizionata. Intuì che quell’architettura decostruita che molto lo aveva affascinato non era una soluzione, che l’esplosione delle forme, degli spazi, che l’uso di angoli acuti, di profili affilati e asimmetrie vertiginose, in un caos di materiali industriali, uno sull’altro, uno contro l’altro, non rappresentavano se non l’immagine di un disagio, lo stesso disagio che la sensibilità artistica aveva già colto anni addietro, ma che l’ego dell’architetto aveva dimenticato, aveva sacrificato sull’altare del successo, ingarbugliandosi nelle forme. Occorreva perciò allontanarsi dall’architettura contemporanea e avventurarsi in ambiti attigui, recuperare un’interdisciplinarietà,  che sempre è stata caratteristica nel passato del costruire, mantenendo però ben presente che il centro del ricercare, oggi, è il trovare la soluzione del disagio che quotidiano attanaglia l’esistenza. Si torna perciò a cercare. Allora ecco un primo passo con un diploma universitario in filosofia orientale e comparativa, di stampo universitario e quindi solo teorico. Un secondo passo con un diploma triennale in naturopatia olistica secondo un’insegnamento tradizionale di scuola ayurvedico (bengalese) – tibetano, che riporta sul piano pratico l’astrattezza filosofica degli studi universitari, insegnando ad ascoltarsi a prendersi cura prima di se stessi. Un terzo passo, sull’imparare a prendersi cura degli altri, sulla relazione di aiuto, la formazione come counselor. Alla fine una consapevolezza: ciò che in occidente è stato dimenticato, è ben presente in altre tradizioni, tra cui la più antica e prospera di conoscenza è quella vedica. Ma come tutte le tradizioni culturalmente distanti da noi, essa non è usufruibile senza che diventi parte di noi stessi. Non vi è disagio esterno che non sia specchio di uno interno. Allora ciò che costruiamo ci rappresenta perciò a questo punto il percorso diventa interiore se si vuole che fuori di noi le cose cambino occorrerà che cambino dentro di noi. E come sempre è stato è nel sapere antico, nella tradizione, che si incontrano le sole risposte attendibili, è nella pratica che tutto prende consistenza, si fa vita.  Anni di meditazione secondo un lignaggio Vajrajana, la via Tibetana che ha conservato la sapienza dell’insegnamento dell’india antica sull’energia. L’incontro con il proprio Maestro segreto. E poi a ritroso, sulla strada segnata dal Maestro, un percorso che dal lontano oriente riporti in occidente da dove si è partiti, dove si è nati e vissuto, dove si vive. L’incontro con un Maestro di cabala, il motore immobile di tutte le conoscenze occidentali più profonde, la nostra sapienza rivelata, che svela nella comparazione quanto esperito nella pratica orientale. La fondamentale presa di coscienza come un sentire interiore che tutto è legato da un’energia e che il costruire è un atto cosmogonico, che si riflette energeticamente su di noi. Che il suono è la chiave di tutto perché tutto è frequenza. Da questa prospettiva allora tutti gli studi tecnici-scientifici sull’uomo magnetico, e sull’influenza dei campi elettromagnetici tra l’ambiente e la salute, acquistano una nuova valenza. Sulle forme come evidenza di una geometria sacra, e su come la sola forma influenzi energeticamente la costruzione. Sull’uso dei materiali biocompatibili e sulla loro naturale ecosotenibilità, e sulle tecniche di costruzioni usate nell’antichità, ricche di quel buon senso oggi irrimediabilmente perduto in favore di un lauto profitto ma a discapito della vita di questo pianeta. E lo studio immenso dell’antico Tempio, la magnifica ossessione, che sempre disvela come nuove, le antiche conoscenze. Infine l’incontro con l’insegnamento antico di un Taoista scomparso, dona la sintesi. Così ritrovo nel buddismo tantrico tibetano la mappa, nella taoismo cinese la bussola, nella cabala occidentale il veicolo, nella conoscenza vedica la meta. Inizia da qui il viaggio, che da allora è giunto a questo scritto, a questo sito. Ancor oggi questo viaggio continua, nella consapevolezza che l’aver trovato non sia che l’inizio di un nuovo andare, quello del donare mettendo in pratica ciò che si è ricevuto.

Condividi