Ci sono luoghi che ritornano durante una vita, spesso non si fa caso a questo, a volte se ne è coscienti ma impotenti davanti a queste corrispondenze, altre volte invece si cercano finchè non si incontrano, in quel caso si ritrova un mondo.
L’amore materno fa compiere alle madri rinunce e sacrifici a volte incomprensibili anche a loro stesse, così i ricordi della mia infanzia trascorsero lontano da Bologna dove sono nato e si svolsero sulle montagne abruzzesi, dagli zii. Le sveglie all’alba, la casa nel bosco riscaldata solo dai camini, i viaggi sulla “traia” tirata dai buoi, le corse nei boschi inseguendo farfalle, i lunghi sonni accovacciato sotto la fresca ombra della mia quercia secolare, amavo e amo tuttora le querce, la loro corteccia ha un’odore inconfondibile che ti entra dal naso e ti ramifica dentro salendo verso la fronte. L’acqua fresca dei ruscelli che scorrono a valle, i primi bagni, l’incontro con il lupo, la minaccia delle serpi, le noci selvatiche spaccate con i sassi, la capanna nel bosco, rifugio segreto, tanto di questo e molto altro lentamente fermenta dentro di te e si stratifica come un humus in cui far germogliare una nuova vita per esistere. Ma vi erano anche grandi solitudini all’imbrunire, dispiaceva che il sole scendendo abbassasse il sipario su quel teatro fatato, dormire per stanchezza non per voglia, passare il tempo appollaiato su un mucchio di ghiaia a lato strada nell’attesa qualcuno mi venisse a riprendere, il Gran Sasso, monolita imponente spesso innevato, quel viso di profilo che credevo vedere guardandolo…I campi illuminati a giorno da sciami di lucciole…Poi un giorno, il primo giorno di scuola, tornare a Bologna, sentirsi estraneo, parlare una lingua diversa….con il tempo e la fatica del nuovo dimenticare tutto per meglio integrarsi, difficile portare un grembiule, non v’erano querce in centro a Bologna… Poi l’università l’inizio del pellegrinare, Firenze…Los Angeles…Bologna…San Marino…Rimini….S.Sofia… Ricordo che in tre anni traslocai diciassette volte di casa ogni volta maledicendomi per aver comprato così tanti libri, infine disperdendoli da amici, dai robi vecchi…abbandonandoli al loro destino, perché ad un certo punto diventano una compagnia ingombrante soprattutto pesante…Tutto si fa sempre più difficile con gli anni, i legami, le responsabilità, i figli, il lavoro che ti macina lento nella sua inamovibile necessità, le illusioni amplificate da questo stile di vita che ti riempie di finti bisogni ma che a tutti paiono indispensabili per non restare troppo al di fuori dai giri che interessano. E mentre accade tutto ciò una vita che ti scorre a fianco come se non fosse tua ma d’altri, finché il fisico non regge più e dà segnali che ignori, poi BAM! Essere di colpo tra la vita e la morte, sentire che il passaggio ha qualcosa di piacevole appena non senti più il dolore del corpo, che sei tu sempre tu, che guarda senza toccare, vedere la luce in fondo al tunnel correrci senza esitazioni, ma BAM! Sbattere contro un muro nero che si materializza nel momento in cui salti verso quel vuoto luminoso, caldo, accogliente…Risentire un dolore che pareva già dimenticato, sussultare, ritrovarsi legato ad letto in una sala operatoria, sentirsi senza forze…sono ancora qua. Nei giorni successivi di prognosi riservata, ritornare con la mente alle querce, sentire il richiamo del silenzio del bosco fatto dei canti degli insetti degli animali, del vento che sposta le fronde…Così tornare al quotidiano, credendo nella ripresa ed aiutato e guidato da una serie di coincidenze che forse un giorno avrò lo spirito per raccontare, giungere in un luogo assieme a dei compagni di viaggio anche loro sulla tua stessa lunghezza d’onda, a volte non pare vero di incontrare su questa terra persone che ti assomigliano tanto da sentire come te e che come te, cercano quello che tu stai cercando, perché entrambi hanno bisogno di condividere l’esperienza della loro vita, allora solo allora ti senti affrancato d’essere poi ancora qua. In seguito scoprire che i luoghi seguono vie geometriche di corrispondenze sottili che accetti solo se ti incammini verso il proprio percorso interiore di ricerca di se stessi seguendo i nessi attraverso dei ricordi di vite passate che affiorano e si mischiano a quelli odierni, così capire che come in quel passaggio tra vita e morte non v’è nulla di difficile, così vedere che le morti sono tante ma la vita è sempre quella che prosegue imperterrita il suo cammino a dispetto della tua voglia d’esserne o no cosciente. Giungere un giorno in cima ad una collina e trovare un borgo semi-diroccato abbandonato da anni come se fosse stato dimenticato da tutti, nonostante tutti se ne ricordassero il nome, l’esistenza, ritrovare delle querce secolari che lo circondano, sentire la voglia di restare per dormirci e quella notte sentire in sogno la voce di una di queste che dice “..è molto che aspettavamo, come vedi lo abbiamo ben guardato, questa terra è sempre sacra ed il posto è sempre vivo”… Avere fede è un atto particolare perché comporta uno sforzo esteriore di tenacia che si opponga all’idea malsana che tutto quello che non è riscontrabile non vi sia. E così come forse solo un cieco possa sentire, dovere aver fiducia che quanto è lì fuori esista nonostante non sia a lui visibile. Molte volte le prove appaiono cosi dure tanto da sembrare inaffrontabili, forse perché tutti si aspettano di iniziare un’attività solo in virtù della certezza di un ipotetico e futuro sicuro successo, di un piano economico vincente. Nella realtà spirituale ciò che conta non è il successo ma lo sforzo per agire verso quella direzione che ti viene incontro, perché lo spirito non evolve, è.
Così inizia l’avventura di una vita consapevole al Borgo dei Semplici.