“Che sono quei disegni da meditazione in verità’….”

 

Tutti i fenomeni sono
come riflessi in uno specchio,
risplendenti, puri, immacolati.
Non sono spiegabili,
non sono definibili,
eppure da essi, continuamente,
provengono cause e azioni.
Lo stato essenziale della realtà
è privo di dualismo
e non ha luogo,
così siano riconosciuti tutti i fenomeni.
Testo rituale del Gcod

 

Sento spesso risuonare nell’assordante silenzio dei pensieri associativi della mente: “In principio era il verbo…..”
Entrando nella materia si è costretti a vincoli, hai limiti intrinseci della materia stessa.
Il verbo ovvero il suono, la vibrazione che tutto può creare, è per noi uomini solo un traguardo irraggiungibile.
Noi non abbiamo gli strumenti che possono riprodurre gli antichi suoni delle Elhoim con i quali esse compivano, perché noi siamo costretti ai limiti tecnici della materia in cui siamo impastati e formati. Le nostre voci, anche le meglio impostate, nulla possono sulla materia, se non fragili interferenze prive di quella forza originaria, e i nostri sensi sono veri e sinceri solo se lasciati sullo stesso piano su cui sono stati creati.
Chi cerca piani più alti si trova inevitabilmente solo e con poche certezze e ancor meno strumenti efficaci.
Ma dentro di noi, per ragioni ancor più misteriose, esiste una parte che non è di questo piano, che non è di questo mondo, che non si sente di questo luogo, essa è come innaturale ma non v’è dubbio che vi sia questa parte, che sia presente.
Ai più fortunati essa può apparire come un sottile spiraglio, come il filo di luce che entra dal foro della serratura andando dritto al centro della stanza dei nostri pensieri più oscuri.
Questa fioca luce è nel buio, nero come l’erebo, come un raggio di un sole infinitamente potente perché disvela una verità: la possibilità di trasmettere delle emozioni non mediate dalla mente, non soggette al potere catalogante e discriminante della mente razionale che tutto seziona e viviseziona, che tutto divide per comprendere, perdendosi inevitabilmente il senso originario, il senso del tutto, dove non vi sono più parti ma un onnicomprensivo unico.
Ricordo un Maestro dirmi tempo addietro che: “Non v’è modo di percepire la vita in sé, se non in una delle sue nove potenze o sfumature o Sephirot…”.
Da cui molti anni dopo trassi questo insegnamento: che non vi è modo di superare l’ostacolo di se stessi, i limiti della propria natura se non in modo scaltro.E’ la scaltrezza che individua nell’artifizio un modo per utilizzare gli strumenti della materia, i soli  a nostra disposizione per oltrepassare i limiti imposti dalla materia stessa.
E l’artifizio è la percezione di una forma in metamorfosi tra una scorsa e compresente nell’immagine, e quindi reale su questo piano, e una prossima, assente, ma in divenire, perché frutto di una propria associazione inconscia e perciò interiore, così si genera l’esatta percezione del reale, lo iato tra l’una e l’altra conforma l’intuire che svela come illusorio ciò che crediamo reale, ciò che sentiamo solido sotto i nostri sensi, ma che reale non è, e reale ciò che è immateriale, perché creato dalla nostra capacità di visualizzazione che in verità si dimostra nel tempo l’unica forza a nostra disposizione capace di trasformarci.
Il transito tra l’una e l’altra forma è l’artifizio, ciò che consente all’osservatore, pur se non presente, di percepire una nuova immagine, una nuova forma, che pur apparendo come reale, in quanto messa in moto sul piano esteriore, essa si completa solo su un piano apparentemente assente, perché non presente, ma in realtà vivissimo in noi perché da noi stesso fatto scaturire nel qui e ora e perciò vivo nel senso più esatto del termine perchè determinato da un’associazione interiore completamente individuale.
Ogni nostro senso per acuto che sia è sempre limitato, è limitato a cogliere una realtà presente principalmente su questo piano, ma in verità questo non è esatto, se allenato all’uso di tecniche specifiche esso mostra delle capacità nella visualizzazione di una realtà differente, queste capacità si ottengono a mezzo della pratica.
Questa realtà che si manifesta nel qui e ora durante l’osservazione e del tutto simile a quanto occorre apprendere per il compimento di una sadhana, ovvero di un percorso di meditazione che porta il praticante dalla sua realtà attuale ad una più vera perché collegata direttamente alla manifestazione di una energia interiore archetipa già presente in lui ma nascosta, non cosciente, non utilizzata.
Vi è dunque un modo, una tecnica di trasmissione dell’emozione, che è il sentire di un’intuizione e questo avviene in stati di coscienza più profondi, cioè diversi da quelli preposti alla veglia, che apre una porta verso piani più alti.
Questi stati di coscienza definiti impropriamente “alterati”, perché dipendenti dalla prospettiva da cui ci si pone, sono raggiungibili attraverso le pratiche di meditazione, sapienze presenti ed insegnate al cercatore di verità in ogni tempo e tradizione.
La pratica costante è dunque la forma scorsa quella che ha generato il disegno, la pratica dell’osservazione è la forma prossima, quella che si genera dalla percezione della scorsa, nel qui e ora, attraverso il proprio sentire interiore.
Ciò che deriva da tutto questo sono momenti di percezione che offrono la possibilità di un sentire differente, questo sentire è quello spiraglio di luce che fuoriesce dalla serratura e che illumina la nostra interiorità consentendoci la visione di mondi distanti.
Saper cogliere ciò che sta al di fuori di noi, attraverso ciò che è in noi, pur non essendo in noi, in questo consiste questa ricerca sul segno e dopo l’aver colto l’altro, tentare di ritrasmetterlo, ma questo in fondo è solo un problema tecnico di trasmissioni dal vivo: è il trasmettere la vita che colta, è fuori e dentro di noi contemporaneamente.
I disegni derivano da un sistema di segni e colori in uno svolgersi grafico assolutamente automatico, attraverso delle forme susseguenti in stati profondi di meditazione raggiunti attraverso una pratica costante, essi si mostrano.
Quando ubbidiente al Maestro di Meditazione li riordinai e glieli consegnai tutti, erano ormai trascorsi alcuni anni da quando chiese di impegnarsi nel ridare loro la giusta forma, allora chiesi perplesso: “Maestro in tutti questi anni li ho disegnati in buon ordine, li ho guardati e studiati, vi ho molto pensato, certo vi ho meditato, li ho anche dimenticati, più volte, ma in verità da tutto ciò non ne ho tratto nulla che mi abbia veramente soddisfatto anzi Madre Mia che cosa sono questi in verità?”.
Ed Ella rispose: “Sono disegni della Luce, sono giochi di Luce e Ombra, che hai voluto riassumere in tratti. Sono Luce e sono Ombra, non sono la Realtà, sono la Realtà del pensiero, sono la Forma che tra Luce e Ombra prendono i pensieri. Non sono un Mandala, ma questo è quello che Tu porti dentro: questo è ciò che Tu devi portare fuori. Perché il risveglio, Figlio Mio, può avvenire solo da una rivelazione diretta, attraverso un processo interiore di conoscenza. Non ti insegna la tua pratica forse che la realtà fenomenica è un sogno, un miraggio, un’apparizione magica, un’illusione?…” Solo chi riesce a generare in sé la Prajna può squarciare il velo dell’ignoranza e vedere la natura ultima di tutta l’esistenza (dharmata). Si viene a parlare allora di due verità, una provvisoria e convenzionale legata alla visione dei fenomeni, e l’altra definitiva e assoluta. Ma il dualismo che sembrerebbe scaturire da tale suddivisione è già superato… poiché la realtà fenomenica, essendo di fatto vuota di esistenza propria, si identifica con la verità assoluta. Questa verità non è più esprimibile, non è immaginabile, non ha forma nè caratteristiche, è totalmente vuota.”
Da allora i disegni rappresentarono un corollario della pratica principale.
I segni si susseguono sul foglio uno dopo l’altro con una continuità del tutto simile a quella con cui nella nostra mente si susseguono uno dopo l’altro i pensieri, dove da uno ne scaturisce un altro e poi un altro in una catena senza inizio ne fine, e dove anche l’esterno attraverso i sensi si collega a questo mondo investendolo di sensazioni che ingenerano nuove emozioni che fanno scaturire nuove catene di pensieri.
È quello che chiamiamo pensieri associativi, la frenetica attività della mente che senza posa, addormenta.
Così queste forme nel loro espletarsi, nel loro prendere luce, è come se da una forma se ne associ un’altra, e la prima è collegata alla seconda perché da essa ne è scaturita, ma ne è, non solo risultato, perchè contemporaneamente prima e seconda pur se forme separate, con la loro sola presenza, ingenerano una terza forma che non è la sola somma delle due ma anche un qualcosa che ne supera il misero valore algebrico, perché non è che uno più uno faccia solo due: potrebbe invece dare undici come risultato, o meglio: una goccia più una goccia non sono due goccie sono una goccia più grande.
La catena sul foglio in modo esponenziale, genera forme di forme che possono essere lette in modi differenti come se fossero poste su piani differenti e a seconda di ciò che noi sappiamo cogliere, ecco che in essi si rivelano immagini differenti costruite dai tanti dettagli che ne compongono il tutto, questo modo permette al disegno di estraniarsi da se stesso dalla sua natura grafica non divenendo più un’immagine fissa e voluta dall’autore ma un insieme vivo che si modifica guardandolo, facendo da specchio all’osservatore, in esso l’osservatore trova ciò che dentro di lui gli ha consentito di cogliere, non altro, se non coglie niente questo è il suo cogliere, non quello di altri.
Occorre fermarsi davanti a questi disegni ed entrarvi, andranno cercate delle porte di ingresso che consentono di uscire dalla visione di insieme dell’immagine, cioè dal rapporto tra osservatore e oggetto osservato,  e permettano di penetrare in una visione interiore, in qualcosa che lentamente affiori e si visualizzi, si manifesti alla mente come reale.
Cercare le porte di ingresso che non sono nel segno o nel colore ma nel vostro sentire, nelle vostre capacità di volere andare oltre ciò che si vede, è un cercare di fronte, ciò che è dentro di voi, solo così queste immagini acquisteranno forza divenendo specchi su cui proiettare delle figure in movimento, allora lì si vedranno mutare come l’immagine riflessa in una pozza d’acqua muta quando vi cade un sasso.
Come se fossero vivi, questi disegni, muoveranno la percezione di sè stessi muovendo le acque dell’osservatore, essi sono come l’universo in costante movimento ma nella nostra percezione immobile, perchè cogliere un moto apparente è come osservare un tramonto, la nostra mente conosce l’artifizio sapendo che non è il sole che gira ma la terra intorno a se stessa, ma i nostri sensi percepiscono una vibrazione somma di luce, colore e movimento del sole che si riflette nel corpo influenzandone addirittura la pressione sanguigna.
Che ciò che si percepisca a mezzo dell’artifizio sia esso reale o sogno, poco importa veramente, ma se esso sia vero per voi, ecco allora che esso smuoverà di voi parti interiori che rifletteranno il loro moto sul corpo fisico poiché tutto è intrinsecamente collegato, ed è solo sentendo questo che possiamo capire d’essere una parte del tutto senza stranire per la nostra infinitesima piccolezza di fronte all’eterno fluire dell’universo.
Molti di questi disegni hanno, per chi con pazienza e costanza ne abbia trovato le proprie chiavi, un eguale effetto alla meditazione, perché suono e forma sono vibrazioni e come le antiche lettere, esse informano e rimandano e questo si rifletterà in modo benefico sul corpo.
Poiché la teoria e la meditazione
possono essere insegnate
solo attraverso simboli,
non si creino nella mente concetti fissi
riguardo alle visioni che sorgono liberamente
non si creino costruzioni teoriche.
Esse si manifestano senza limiti
sorgendo in modo indifferenziato.
Non avere alcuna teoria è la nobile pratica della recisione dei Demoni.
Poiché tutto è la propria mente spontanea,
colui che medita non ha nulla su cui meditare.
Qualsiasi percezione si manifesti liberamente,
sia lasciata nella sua condizione naturale
di unione, chiarezza e splendore.
Poiché il senso è immutabile, è unita,
poiché se ne ha reale comprensione, è chiara,
poiché si è liberi nella prorpia condizione, risplende.
Così come burro nel burro,
questa contemplazione priva di meditazione
è la suprema meditazione.
Ma gcig lab sgron
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